La crisi ambientale e la “scoperta” di essere in un sistema finito stanno mettendo a dura prova le società e le economie a livello globale. Lo sviluppo di una consapevolezza ambientale, fortunatamente, non è una novità e sta spingendo molte imprese a ristrutturare le proprie attività e i processi produttivi in modo da adottare un approccio più sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
Si tratta di andare oltre la sostenibilità
Sono molte, dunque, le aziende impegnate da tempo in obiettivi concreti di sostenibilità: General Motors Corporation, ad esempio, dopo aver nominato nel 2020 il suo primo Chief Sustainability Officer, Dane Parker, si pone oggi l’obiettivo di raggiungere, entro il 2035, un futuro completamente elettrico e privo di emissioni.
Qui non entro nel merito del tema “elettrico e batterie”, ne scriverò in altro articolo.
Ancora, la nota Levi Strauss è attualmente impegnata a ridurre del 90% le emissioni di gas serra all’interno dei propri cicli produttivi.
Verso una revenue finanziaria e sociale quindi così come in termini di sostenibilità, che comprende gli aspetti ambientali, economici e finanziari, è necessario sollevare la discussione a un livello superiore. “Fare di più con meno risorse” è lo spunto alla base del “modello” di Innovazione Frugale formalizzato da Navi Radjou, uno dei 50 esperti di management più influenti al mondo secondo Thinkers50, che abbiamo già esaminato in precedenza. Questo modello, adottato da diverse aziende, grandi o piccole ma sicuramente all’avanguardia, mira a ridurre l’impatto ambientale e aumentare contemporaneamente l’impronta positiva, che non si limita solo a fattori strettamente “produttivi” e finanziari, ma genera un valore sociale ed ambientale di cui possono beneficiare le comunità umane in senso più ampio.
Le aziende rigenerative fanno la differenza.
Secondo l’ideatore del concetto di innovazione frugale, Radjou, le vere differenze saranno apportate dalle imprese rigenerative, ovvero quelle che si pongono come obiettivo l’aumento di quella che Gregory Norris, docente del dipartimento di salute ambientale alla T. H. Chan School of Public Health dell’università di Harvard, definisce “impronta socio-ecologica”.
Le aziende rigenerative, che si radicano profondamente nel territorio, contribuiscono a generare ricchezza nelle comunità di cui fanno parte, facilitando la coesione sociale e l’inclusività. “Possono raggiungere performance e un impatto finanziario notevolmente maggiori rispetto ai loro competitor concentrati sulla sola sostenibilità”, afferma Radjou.
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